Ceri e alberi di maggio

Maurizio Del Ninno

Come annunciato dal titolo, il mio intento è di mettere in rapporto la festa dei Ceri con la festa del maggio che si celebra nei paesi vicini. L’idea della derivazione dei Ceri da pratiche arboree in sé non è originale: ricorre, come è noto, già in Bower (1897) e poi in Toschi (1951), in Anita Seppilli (1972), in Alessandro Alimenti (1975, 1986), in Bruno Cenni (1978). L’originalità del mio accostamento sta nel rifiuto di un approccio semplicemente diacronico, di derivazione, e nella focalizzazione del carattere strutturale dell’accostamento.
 Da un punto di vista generale, a guidare la mia analisi c’è l’idea che la festa dei Ceri non sia un aggregato casuale di elementi, un semplice accumulo di materiali, pure preziosi, che il mare del tempo ha casualmente deposto sulle rive di Gubbio. Siamo, invece, di fronte ad un costrutto serrato di elementi, la cui grammatica è iscritta in quello che con termini eugubini, potremmo denominare “vero spirito ceraiolo” e che - con un termine che la linguistica e la semiotica tendono a considerare superato, ma che in questo caso pare ancora opportuno - potremmo indicare come la langue della festa dei Ceri.
 Quanto voglio sostenere può risultare più chiaro esplicitando l’impianto strutturale che guida il mio approccio. Una delle migliori formulazioni al riguardo è quella che regge la Via delle maschere di Claude Lévi-Strauss. Mi sia permesso citare brevemente il punto essenziale di questo libro, che, come si ricorderà, si interroga sulle strane caratteristiche di alcune maschere del Nord America...


clicca qui per accedere all'intero testo:   userfiles/dnm 2006 Ceri e alberi di maggio.pdf


*Il saggio è apparso in Ancillotti Augusto et al., Ceri, fuochi, alberi di maggio. I riti della primavera, Gubbio: Comune di Gubbio, 2006, pp. 5-8.